venerdì 10 ottobre 2008

Cercami (duetto con Fil0diseta)

Tienimi nelle distese che conosci,
tra la tua pelle e le mie mani;
spezza la curva della notte,
soccorri la bocca, respirami, cercami
e riempimi di te.


Cercami nell'incrocio della seta
nel tempo che adatta a pieghe
l'abbandono, in scorcio
Prospettive d'anse e d'une
con le nostre impronte


Ti cercherò nei minuscoli cieli
degli occhi, fra gli intrecci delle viti
negli invasi e nelle cantine
nelle paglie dei letti
e nel progressivo allontanarsi


dei dubbi. Ma tu lascia
che ti trovi lungo le sponde
dei lenzuoli o fra le risa di sera
nella diva o l'armadio
o fra le mie carte vive

Le antiche tracce (duetto con Fil0diseta)

quasi cenere e quasi ghiaccio
e sono quelle pieghe della luna
che passano fra le mani vuote
e confondono tracce su un letto
svuotato dei sogni

quota di sguincio il verso alla penombra
il mare dentro il suono di Kashmir
sopra le carreggiate dei mercati
vita d'Oriente con la stessa luna
mille di notte ad annaspare sogni

e mille di giorni a rincorrere
d'obliquo ogni parola
Ti passerò i tappeti in su la cima
dei letti saccheggiati
Tu piega la luna nel ripostiglio

come oro in foglia la metto a strati con la filigrana
e se sarà impazienza di notti senza gobbe
l’appenderò all’ultima parola dei titoli di coda

coniamo le nuove pagine pazienti
e riprendiamoci la testa di quei titoli
se il baldacchino si apre di veli
o se nel corno si mutano parole
Sia alba stanotte e sogno la tua corsa
da nord a sud e ancora a nord

e se dal corno mutano parole
sia terra il mare e s’aprano i vulcani
quelle planimetrie marroni sotto casa
inverdiscano d’ombre e di mulini
s’annerì l’alba e poggi le sue chine
volte a ponente dove s’alza il sole

e nel retrosguardo s'imbianchi
la ginestra fino a sparire
con i suoi sassi attorno
Giriamo coriandoli nell'aere
che le antiche tracce tocchino
il gemito a metà e lascino
ai nuovi passi le vaste maree
delle notti insonni

e alla cenere torniamo alle crepe
dell'ere glaciali, il viaggio
finisce sempre in una chiusa
che non ha senso di esistere
se non sopra a un apostrofo'

domenica 21 settembre 2008

Se…

Se cadessero le calme barriere
dell’abbandono e se
i transiti di corallo e spuma
lasciassero questi corpi
randagi e mutevoli…

Chi mi terrebbe nell’incrocio dei lini,
fra le pieghe della quercia,
dietro le anse o ai lati
o dentro la corolla congiunta
delle mani?

Prendi l’arco leggero
della carezza e spingi
il sussurro al bacio

Apri le corde

Scorreremo nelle tue valli
e pianteremo i calici...
cinque gigli attorno a me
(mulino immobile, discreta discesa
di ali e spazio) girotondo di passioni
senso espanso oltre la bocca

apri le corde
al nuovo concerto
e passeggia se vuoi
nel giardino di nardi
o fra le dita di questo
senso incauto

Scroscerò si,
tutti i secoli che vorrai
sulla fertile aria
che mi riempie di te

L’abbraccio

Raggiungiamoci ovunque saremo,
nella spada del giglio,
innalzati a supplica,
nei mattini freddi.
Anche nei fossi pieni di buio

e nel vocio delle comari
raggiungiamoci. E poi
raccontiamolo l’abbraccio
che non ci fa rotolare nel silenzio.


Raccontiamoci ovunque

Andante

Toglimi dalle unghia
lascia avanzare il seno
richiama il delta
e girami in cerchi

dagli obliqui umori

preleverò il cristallo
plasmato dalla mia carne
e divenuto fremito

Lasciami sulla bocca
tutte le distanze

Cercami

Tienimi nelle distese che conosci,
tra la tua pelle e le mie mani;
spezza la curva della notte,
soccorri la bocca, respirami, cercami


e riempimi di te.

Diventa notte

E adesso raccogli i petali
scendi dal silenzio
e grida che è per me
che ora corri su quei campi

Prendi fra le mani il mio ti amo
dallo ai gemiti dallo alla passione
donalo al tuo corpo
piegale nelle tue parole

Gira la pelle indossala
e per me diventa notte

Io griderò per te.

C’eri tu

Le arance cadevano mature
ma tu non le raccoglievi,
con il rosso dell’ortica sulle mani
ed il sole confuso fra i capelli

C’erano i bambini senza metriche
dalle corse impazienti
e le basse braccia del carrubo
guardiano di sussurri

e c’eri tu…

Il confine

C’erano i pioppi
che sbarravano la strada
dal qui al te

Ed eri la immobile
con le tue maschere di carta
e i quattro veli leggeri

senza ruote da girare
sola con le tue bisacce
da riempire di fresco amore

Bevi la coppa
ed apri quel confine
che lo smeraldo ai guadi...

c’ero anch’io

Insieme (variante)

Ti canto albero-regina e mi conduci
nei trapassati ceppi, senza veli,
sudore e bocca selvatica
confine della giumenta.

Ti trovo nei contro della luna
senza spiegazioni e fra le pieghe
dei cuscini dell’alba arricciata
sull’edera sui balconi

romana imperiale e con me

Insieme

E’ il tuo canto che mi porta
sugli alberi la sera, mi toglie
la carne dal sudore e mi nutre
della tua bocca selvatica.

Spingi il ritmo alle rotaie,
inarca la voce nel senso opposto
della luna e gira i palmi verso me
che possa spezzare le curve del fado

ed aprire la notte dei fianchi, dei lati,
dei vuoti, dei cartoni, delle sete,
della risacca delle dalie, dei recinti…
afferriamo la crescita delle pupille

e dilatiamoci insieme